Hai letto il nostro articolo su cos’è la fermentazione e adesso ti è venuta l’acquolina in bocca e vuoi provare a preparare cibi fermentati in casa? Ottima idea! Fermentare non è difficile, ma richiede di seguire alcune semplici regole per assicurarsi che tutto vada per il meglio. Ecco i consigli pratici per i principianti della fermentazione casalinga:
Andiam fermentando: Materiali e Attrezzatura necessari
Per iniziare a fermentare in casa non servono strumenti esotici o costosissimi. Ecco una lista di base dell’occorrente e perché è utile:
| Cosa serve | Perché è utile |
| Barattoli di vetro con tappo (meglio se a chiusura ermetica) sterilizzati | I contenitori dove avverrà la fermentazione. Il vetro è ideale perché non reagisce con gli acidi prodotti e permette di osservare il contenuto. Sterilizzali bollendoli o in forno prima dell’uso, per evitare contaminazioni. |
| Sale non iodato | Se vuoi fermentare ortaggi (crauti, pickles, ecc.) serve sale (meglio marino integrale non iodato). Il sale crea l’ambiente ideale per i batteri lattici “buoni” e tiene a bada i microbi indesiderati. Evita sale iodato perché lo iodio può inibire i fermenti. |
| Acqua non clorata | L’acqua serve per preparare salamoie (soluzioni di acqua e sale) o per diluire succhi. Usa acqua minerale o bollita/decantata per eliminare il cloro, che altrimenti ucciderebbe i microrganismi fermentativi. |
| Starter di fermentazione (opzionale) | In molti casi la fermentazione può partire spontaneamente grazie ai microbi presenti nell’aria o sugli ingredienti (fermentazione spontanea). Tuttavia, usare uno starter garantisce risultati più sicuri e rapidi. Esempi: un cucchiaio di yogurt per fare yogurt casalingo; alcuni granuli di kefir per avviare il kefir; un SCOBY per il kombucha; un pezzo di madre di aceto per fare aceto; un po’ di salamoia di una precedente fermentazione di verdure per innescare una nuova. Non sempre è necessario, ma può aiutare soprattutto le prime volte. |
| Bilancia e misurini | Pesare gli ingredienti (soprattutto il sale) è importante: ad es., per fermentare verdure in modo sicuro si usa circa il 2% di sale sul peso delle verdure. Dosi corrette garantiscono che il pH scenda abbastanza da evitare muffe o botulino. |
| Utensili puliti (coltello, tagliere, cucchiai di legno o silicone) | Quando prepari gli alimenti da fermentare, assicurati che tutto ciò che li tocca sia ben pulito (se possibile sterilizzato). Evita utensili in metallo non inox a contatto prolungato col fermentato acido (possono rilasciare metalli). |
| Temperatura ambiente stabile | Le fermentazioni casalinghe avvengono bene a temperatura ambiente (idealmente 18-25 °C). Evita di far fermentare in ambienti troppo freddi (il processo si blocca sotto ~15 °C) o troppo caldi (sopra 30 °C rischi di favorire microbi indesiderati o fermentazioni troppo tumultuose). Un mobile in cucina al riparo dalla luce diretta va benissimo. |
| Pazienza (e osservazione) | La virtù numero uno del fermentista! I processi possono richiedere giorni o settimane. Non avere fretta di aprire i barattoli o “assaggiare” troppo presto: lascia che i microrganismi facciano il loro lavoro. Osserva comunque giornalmente: se vedi cambiamenti strani (colori anomali, muffe pelose) intervieni. Ma in generale, don’t panic: la maggior parte delle fermentazioni parte e prosegue da sola una volta preparato tutto correttamente. |
Come vedi, nulla di complicato: probabilmente hai già tutto in casa. In aggiunta, potresti valutare l’acquisto di piccoli strumenti utili come: pesetti o pressini per tenere le verdure sommerse nei liquidi, gorgogliatori ad acqua (airlock) per fermentare bevande evitando che entrino ossigeno e impurità, termometri adesivi per monitorare la temperatura dei fermentatori, e ovviamente ingredienti starter specifici (es. acquistare granuli di kefir o una scoby di kombucha – spesso si trovano online o tramite community di appassionati).
Sicurezza prima di tutto: consigli per fermentare senza rischi
Una delle domande più frequenti di chi inizia è: “Ma è sicuro fermentare in casa? Non è che rischio il botulino o di intossicarmi?” Fermentando nel modo giusto, i rischi sono minimi, anzi probabilmente inferiori a quelli di conservare cibi cotti. Vediamo le regole d’oro per la sicurezza.
Igiene iniziale
Come detto, sterilizza i contenitori e lava bene le materie prime. Le mani pulite e utensili puliti riducono la carica di microbi “cattivi” all’inizio, dando vantaggio a quelli buoni.
Sale e acidità sono i tuoi guardiani
Per le fermentazioni lattiche (es. verdure), la giusta dose di sale (in genere 2-3% sul peso) è fondamentale: troppo poco sale potrebbe non impedire la crescita di batteri indesiderati, troppo sale potrebbe bloccare anche i fermenti buoni. Segui le ricette collaudate sulle proporzioni. Nelle fermentazioni alcoliche (es. vino, birra) e acetiche (aceto, kombucha) l’acidità prodotta e/o la gradazione alcolica inibiscono i patogeni. Il botulino, ad esempio, non si sviluppa in ambienti acidi (pH sotto 4.5). Fortunatamente, una fermentazione ben avviata crea ambienti talmente acidi (pH ~3-4) da impedire il botulino . Quindi il segreto è: fai in modo che la fermentazione parta bene e in fretta, e il naturale abbassamento del pH proteggerà il tutto. Se per qualche motivo un fermentato non acidifica abbastanza (caso raro seguendo le istruzioni), allora meglio non consumarlo.
Niente ossigeno dove non serve
Le fermentazioni lattiche e alcoliche sono spesso anaerobiche (non richiedono aria). Per verdure sottacqua e bevande in bottiglia, assicura che siano ben coperte dal liquido e chiudi i recipienti (lasciando però possibilità al gas di uscire, vedi punto successivo). L’ossigeno può favorire muffe e lieviti di superficie (tipo film biancastri). Se succede, a volte basta rimuoverli tempestivamente, ma meglio prevenirli tenendo tutto sommerso e coperto.
Attenzione alla pressione (fermentazione “tumultuosa”)
Nelle prime fasi di molte fermentazioni c’è forte attività con produzione di anidride carbonica. Questo è evidente nella birra o vino (gorgoglii, schiuma) – chiamata infatti fermentazione tumultuosa. Anche nei barattoli di crauti può accumularsi pressione. Che fare? Se usi contenitori chiusi ermetici, devi sfiatare ogni tanto per evitare esplosioni di kimchi in cucina! In alternativa usa coperchi appositi con valvole o lasciali appoggiati senza avvitarli stretti. Per bevande in bottiglia (es. kombucha, kefir d’acqua) vale la stessa regola: meglio bottiglie robuste da spumante e controllare la pressione aprendo ogni 1-2 giorni, soprattutto se c’è ancora tanto zucchero che fermenta. Mai lasciare bottiglie di fermentati zuccherini sigillate a lungo a temperatura ambiente, si rischiano scoppiettii per eccesso di gas.
Osserva, annusa, assaggia
I sensi sono ottimi alleati. Un fermentato sano di solito ha odore acido/tipico ma non putrido. Se aprendo un barattolo senti puzza di marcio, uova marce o qualcosa di inequivocabilmente “sbagliato”, buttalo senza rimpianti. Idem se noti muffe colorate (verde, nero, rosa) sulla superficie: segno che l’operazione è fallita – succede, non scoraggiarti, analizza cosa poteva essere andato storto (poco sale? troppa aria? verdure non immerse?). Invece una patina bianca superficiale (chiamata fioretta o kahm yeast) nei fermentati di verdure non è pericolosa: è un lievito ambientale; basta rimuoverla. Assaggia sempre in piccola quantità la prima volta: un cibo fermentato ben riuscito dovrebbe sapere acidulo e aromatico. Se sapesse amarissimo o disgustoso, meglio non consumare. Con un po’ di esperienza riconoscerai “a naso” quando tutto è ok.
Controindicazioni per alcune persone
La maggior parte delle persone può consumare cibi fermentati con gioia, ma ci sono alcuni casi particolari in cui serve cautela (lo vedremo meglio dopo). Ad esempio chi ha una forte intolleranza all’istamina potrebbe reagire male a cibi come crauti, formaggi stagionati, vino (per loro i fermentati non sono consigliati) . Anche chi soffre di SIBO (crescita batterica eccessiva nell’intestino tenue) in fase acuta potrebbe dover limitare i probiotici fino a trattamento concluso . In generale, se hai patologie importanti o sistema immunitario molto debilitato, chiedi consiglio al medico prima di lanciarti in fermentazioni casalinghe e consuma comunque tutto con moderazione.
Tutto qui. Seguendo queste indicazioni, fermentare in casa è sicuro e soddisfacente. Anzi, probabilmente ti renderai conto che è più facile di quanto sembri: i nostri antenati lo facevano senza neanche conoscere i batteri, affidandosi all’esperienza e al gusto. Oggi noi abbiamo la scienza dalla nostra e possiamo fermentare con ancora più tranquillità.
Ricette base per iniziare con la fermentazione domestica
Passiamo alla pratica! Ti proponiamo alcune ricette base semplici e collaudate per iniziare a fermentare in casa. Provale, divertiti e prendi confidenza con i tempi e i sapori; da qui potrai poi sbizzarrirti con varianti.
1. Crauti fatti in casa (cavolo fermentato) – Fermentazione lattica spontanea
Ingredienti: 1 cavolo cappuccio (circa 1-1,5 kg), sale non iodato (circa 20-30 g, cioè ~2% del peso del cavolo).
Procedimento: Togli le foglie esterne rovinate del cavolo, affetta il resto molto finemente. In una bacinella, mescola il cavolo tagliato con il sale. Massaggia e strizza con le mani per alcuni minuti: vedrai che il cavolo rilascerà liquido (è la salamoia naturale). Quando il cavolo è ammorbito e c’è liquido a sufficienza, trasferisci tutto in un barattolo di vetro pulito, pressando bene affinché tutto il cavolo resti sommerso nel suo liquido (questa è la chiave: niente cavolo all’aria). Se il liquido non basta a coprire, aggiungi salamoia fatta con acqua e sale al 2%. Metti un peso pulito sopra il cavolo (per esempio un piccolo bicchiere o un sasso di fiume ben lavato) e chiudi il barattolo. Lascia fermentare a temperatura ambiente su un piattino (può fuoriuscire un po’ di liquido nei primi giorni) per almeno 1-2 settimane. Ogni tanto controlla e “rutta” leggermente il barattolo per far uscire gas in eccesso. Dopo 7 giorni puoi assaggiare: dovrebbe essere già acidulo. Più lo lasci, più diventa acido e sviluppa aroma. Di solito 3-4 settimane è un’ottima maturazione. A fermentazione avvenuta, conserva i crauti in frigorifero, dove si manterranno per mesi. Usa i crauti come contorno, in insalata, su bruschette… sempre crudi per non uccidere i fermenti! (Se noti una patina bianca in superficie, rimuovila. Se vedi muffa colorata, meglio buttare tutto e riprovare.)

2. Yogurt naturale fatto in casa – Fermentazione lattica con starter
Ingredienti: 1 litro di latte (intero pastorizzato funziona meglio, ma si può usare parzialmente scremato), 2 cucchiai di yogurt bianco naturale con fermenti attivi (come starter).
Procedimento: Riscalda il latte a circa 40-45 °C (temperatura “tiepida” dove puoi immergere un dito pulito senza scottarti). Mescola i 2 cucchiai di yogurt starter nel latte tiepido fino a distribuirli bene. Versa il latte in barattoli puliti, chiudi. Tieni i barattoli al caldo costante per ~8 ore: ad esempio avvolti in una coperta, oppure nel forno spento ma con luce accesa, o in una yogurtiera elettrica se l’hai. La temperatura ideale di fermentazione è attorno ai 37-40 °C. Dopo 8-12 ore lo yogurt dovrebbe essere addensato e acidulo (più lo lasci, più acido diventa). Riponi i barattoli in frigo per bloccare la fermentazione e addensare ulteriormente. Si conserva ~1 settimana (ma finirà prima). Ricordati di tenere da parte un paio di cucchiai del tuo yogurt fatto in casa per fare da starter al successivo! (Se preferisci uno yogurt greco più denso, dopo la fermentazione colalo attraverso un panno di cotone pulito per alcune ore in frigo: perderà siero e diventerà cremosissimo.)

3. Kefir di latte – Fermentazione lattica + lieviti
Ingredienti: latte (vaccino o caprino) q.b., granuli di kefir (di latte).
Procedimento: Metti i granuli di kefir (ad esempio 2 cucchiai) in un barattolo di vetro pulito. Aggiungi 500 ml di latte a temperatura ambiente. Copri il barattolo con una garza o un tovagliolo fissato con elastico (lascia respirare). Lascia fermentare a temperatura ambiente per ~24 ore. Col passare delle ore vedrai il latte ispessirsi. Dopo 24h (più o meno, in base ai gusti: più fermenta, più acido diventa e può separarsi il siero), filtra il kefir usando un colino: il liquido ottenuto è il kefir da bere, i granuli restano nel colino. Sciacqua leggermente i granuli con acqua (sembra controintuitivo ma aiuta a non far accumulare residui) e rimettili in un nuovo latte per ricominciare il ciclo. Il kefir ottenuto conservalo in frigo e consumalo entro pochi giorni. Puoi aromatizzarlo con frutta, miele, ecc. I granuli di kefir cresceranno col tempo: potrai regalarne a qualcun altro (è tradizione tra kefiristi!) o usarli per fermentare più latte.

4. Kombucha – Doppia fermentazione: alcolica + acetica
Ingredienti: 1 SCOBY di kombucha con ~100 ml del suo liquido starter, 1 litro di acqua, 2 bustine di tè nero (o verde), ~80 g di zucchero.
Procedimento: Prepara un tè zuccherato facendo bollire l’acqua, infondendo il tè e sciogliendoci lo zucchero. Fai raffreddare a temperatura ambiente (importantissimo: il liquido caldo ucciderebbe lo SCOBY!). In un barattolo grande di vetro, versa il tè zuccherato freddo, aggiungi la SCOBY e il liquido di starter. Copri l’imboccatura con un panno traspirante e elastico. Lascia fermentare a temperatura ambiente, al riparo dalla luce diretta, per circa 7-10 giorni. Già dopo pochi giorni noterai una nuova pellicola gelatinosa che si forma in superficie: è il nuovo SCOBY generato. Dopo 7 giorni assaggia un sorso: dovrebbe essere meno dolce e un po’ acidulo/frizzante. Puoi decidere di far fermentare più a lungo (fino 14 giorni) se lo vuoi molto acido tipo aceto, o fermarti prima per un gusto più equilibrato. Filtra o rimuovi lo SCOBY (che userai per fare altro kombucha, insieme un po’ di liquido come starter). Trasferisci il kombucha fermentato in bottiglie, aggiungi se vuoi aromi (zenzero, frutta…) e chiudi. Puoi fare una seconda fermentazione in bottiglia di 2 giorni a temperatura ambiente per renderlo frizzante (attenzione a non dimenticare le bottiglie chiuse troppo a lungo: vanno ruttate ogni 24h per sicurezza pressione!). Infine conserva in frigo e gusta freddo. Il kombucha ben fatto è fresco e dissetante; se invece lasci fermentare tanto a lungo otterrai un aceto di kombucha utilizzabile per condire.
Queste sono solo alcune ricette base. Con queste tecniche puoi cimentarti anche in varianti: ad esempio fare verdure lattofermentate miste (carote, cetrioli, cipolle… con lo stesso metodo dei crauti, magari con aggiunta di spezie ed erbe per dare gusto); oppure preparare un formaggio fresco fermentato usando yogurt colato o kefir (tipo labneh); o ancora avviare la tua pasta madre per panificare (basta mescolare acqua e farina e attendere che inizi a fermentare spontaneamente, nutrendola ogni giorno). Il bello della fermentazione domestica è che è un po’ un’arte: ogni casa svilupperà i suoi fermenti autoctoni, e i sapori possono variare. Non temere i fallimenti iniziali: fanno parte del gioco e aiutano a imparare.

FAQs fermentazione – Controindicazioni, miti da sfatare e curiosità sulla fermentazione
Prima di concludere, affrontiamo qualche domanda frequente, falsi miti e possibili controindicazioni sui cibi fermentati, per avere un quadro davvero completo e scientificamente corretto.
I cibi fermentati hanno controindicazioni?
In generale sono alimenti sicuri e benefici per la maggior parte delle persone. Tuttavia, come accennato, chi soffre di intolleranza all’istamina dovrebbe evitarli: molti fermentati (soprattutto quelli molto stagionati o fermentati a lungo, come crauti vecchi, formaggi stagionati, vino, birra, salumi fermentati) contengono istamina, che può scatenare sintomi (rossori, mal di testa, sfoghi) in soggetti sensibili. Anche in caso di SIBO o candida intestinale attiva, introdurre tanti cibi fermentati potrebbe inizialmente accentuare gonfiore o sintomi, perché si aggiungono batteri a una situazione già “iperfermentante”. In questi casi è bene procedere con cautela e dieta mirata (spesso temporaneamente povera di fermentati finché la condizione non migliora) . Un’altra “controindicazione” relativa è per chi deve seguire diete a basso contenuto di sale: alcuni fermentati (miso, crauti, olive…) sono molto salati, quindi vanno limitati se si hanno problemi di ipertensione. Infine, occhio agli zuccheri: bevande fermentate come kombucha o kefir d’acqua, sebbene fermentate, contengono residui di zucchero e calorie, dunque vanno considerate nel bilancio calorico e glicemico.
“Fermentazione malolattica vino”: di cosa si tratta?
Spesso si sente dire che un vino ha svolto la fermentazione malolattica. È un processo particolare che riguarda il mondo enologico: dopo la fermentazione alcolica (operata dai lieviti, che producono alcol), nei vini – specialmente rossi – si effettua la fermentazione malolattica. In pratica certi batteri (batteri lattici come Oenococcus oeni) vengono fatti agire sul vino nuovo per convertire l’acido malico (presente nell’uva, molto aspro, lo stesso acido delle mele) in acido lattico (più delicato) . Questo serve a rendere il vino più morbido e stabile: diminuisce l’acidità totale e si sviluppano aromi più complessi (note burrose o di vaniglia nei vini bianchi come lo Chardonnay affinato). La fermentazione malolattica nel vino dunque non produce latticini, ma è un modo per “arrotondare” il profilo del vino. È chiamata fermentazione anche se non produce alcol, bensì trasforma un acido in un altro. I produttori decidono se farla o meno a seconda dello stile desiderato: ad esempio nei vini bianchi freschi spesso la inibiscono per mantenere più acidità. Nel vino rosso quasi sempre avviene. Se leggi “fermentazione malolattica svolta” su un’etichetta di vino, ora sai cos’è!

Fermentazione lattica e alcolica: che differenza c’è?
Parlando di tipi di fermentazione, i due più comuni e importanti in ambito alimentare sono proprio la fermentazione lattica e la fermentazione alcolica. La differenza principale sta nei microrganismi coinvolti e nei prodotti finali:
- La fermentazione lattica è operata da batteri lattici (Lactobacillus, Streptococcus, Leuconostoc, ecc). Questi batteri mangiano zuccheri (glucosio, lattosio, ecc) e li convertono principalmente in acido lattico. È chiamata lattica proprio per questo prodotto finale. Avviene senza ossigeno (processo anaerobico). Oltre all’acido lattico, alcuni batteri producono anche un po’ di anidride carbonica e altre sostanze aromatiche. Esempi: la trasformazione del latte in yogurt o formaggio è fermentazione lattica; la fermentazione delle verdure (crauti, cetriolini) è lattica; anche l’impasto del salame fa una piccola fermentazione lattica che lo acidifica leggermente. Esistono due tipi: fermentazione omolattica (i batteri producono quasi solo acido lattico) e fermentazione eterolattica (producono acido lattico + altre molecole come CO2, etanolo, acido acetico) – quest’ultima avviene ad esempio in alcuni batteri dei crauti o nel lievito madre, ed è utile perché dà aromi più complessi.
- La fermentazione alcolica è operata principalmente dai lieviti, in particolare il Saccharomyces cerevisiae (lo stesso del pane, del vino, della birra). I lieviti trasformano gli zuccheri in alcol etilico (etanolo) e anidride carbonica (CO₂). Anche questa avviene in assenza di ossigeno (anzi, se c’è ossigeno i lieviti fanno respirazione e non producono alcol). La fermentazione alcolica è alla base della produzione di bevande alcoliche (vino dal succo d’uva, birra dal malto, sidro dal succo di mela) e anche della lievitazione del pane (la CO₂ prodotta dai lieviti fa gonfiare l’impasto formando la mollica soffice; l’etanolo evapora in cottura). Un prodotto secondario sono anche composti aromatici che danno profumo di fermentato (pensa all’aroma di una buona birra o del pane appena sfornato – merito della fermentazione alcolica).
In sintesi: lattica = zucchero -> acido lattico (niente alcol, tipica dei cibi fermentati come yogurt, verdure); alcolica = zucchero -> alcol + CO₂ (tipica delle bevande alcoliche e del pane). Curiosità: in alcuni casi avvengono entrambe in sequenza, come nel kombucha (prima i lieviti fanno una breve alcolica, poi i batteri acetici convertono l’alcol in acido acetico = fermentazione acetica).
Cos’è la fermentazione acetica?
È un altro tipo di fermentazione molto importante: è quella che produce l’aceto. Avviene grazie ai batteri acetici (genere Acetobacter e affini) che ossidano l’etanolo (alcol) trasformandolo in acido acetico. Questa fermentazione è aerobica (richiede ossigeno). Succede ad esempio quando un vino o una birra vengono esposti all’aria: i batteri acetici presenti iniziano a trasformarli in aceto di vino o aceto di birra. Anche il kombucha, come detto, è in parte fermentazione acetica (il tè zuccherato fermenta in presenza di aria formando acido acetico). Risultato: l’aceto, con pH molto acido (~2-3), che è un ottimo conservante e condimento. In cucina abbiamo vari aceti fermentati: di vino, di mele, balsamico (fermentato e poi invecchiato), di riso (per sushi), ecc. La fermentazione acetica regala quell’aroma pungente tipico. Da notare: i batteri acetici sono ovunque nell’aria, per cui se dimentichi una bottiglia di vino aperta, otterrai “involontariamente” aceto!
Cos’è la fermentazione butirrica?
Questo è un termine meno comune in cucina perché di solito non la vogliamo. La fermentazione butirrica è quella operata da batteri anaerobi (come Clostridium butyricum e affini) che trasformano sostanze organiche producendo acido butirrico e altri composti maleodoranti. L’acido butirrico ha l’odore sgradevole di burro rancido o di vomito – un profumo che non vorresti nel tuo cibo! Può capitare come fermentazione indesiderata in verdure mal fermentate o latticini andati a male. Unico caso “positivo”: alcuni formaggi molto particolari sviluppano volutamente una leggera fermentazione butirrica che contribuisce al loro aroma forte (ad esempio certi formaggi erborinati o il provolone piccante). Ma in generale, se senti odore butirrico in un fermentato casalingo, probabilmente è da buttare. Quindi la fermentazione butirrica esiste ma la teniamo lontana dai nostri vasetti.
Fermentazione spontanea: sì o no?
Si parla di fermentazione spontanea quando lasciamo che siano i microbi naturalmente presenti sull’alimento o nell’ambiente ad avviare il processo, senza aggiungere starter selezionati. Ad esempio, fare crauti è una fermentazione spontanea: non aggiungiamo fermenti, confidiamo nei batteri del cavolo. Anche la produzione di certi vini “naturali” avviene con fermentazione spontanea: non inoculano lieviti di birrificio, ma lasciano che quelli indigeni dell’uva fermentino il mosto. Idem il lievito madre: è un impasto lasciato all’aria che cattura lieviti selvaggi e batteri. La fermentazione spontanea ha il fascino della tradizione e può dare prodotti molto territoriali (perché i microbi variano da luogo a luogo). Di contro, c’è meno controllo sul risultato: a volte può partire la flora sbagliata. In casa, molte fermentazioni avvengono tranquillamente in modo spontaneo (ortaggi, pasta madre) e ti incoraggio a provare. In altri casi è meglio aggiungere un inoculo sicuro: ad esempio per fare yogurt conviene aggiungere i fermenti giusti (da uno yogurt precedente) se no difficilmente otterrai il risultato desiderato; per kefir e kombucha è praticamente obbligatorio avere l’inoculo (altrimenti dove li trovi certi lieviti specifici?). Insomma, spontanea va bene quando la ricetta lo prevede e ha margine di sicurezza; altrimenti, un piccolo aiutino sotto forma di starter ti semplificherà la vita.
Miti da sfatare:
- “Fermentare in casa è difficile e serve il diploma da chimico” – Falso! In realtà, molte fermentazioni casalinghe richiedono meno lavoro di una torta: spesso si tratta di mescolare ingredienti, mettere in barattolo e aspettare. La natura fa il resto. Certo, bisogna seguire delle regole base, ma una volta imparate, fermentare diventa un gesto semplice della routine culinaria.
- “Tutti i cibi fermentati sanno di acido o di alcol” – Non proprio. È vero che l’acidità è un tratto comune, ma varia molto: uno yogurt è appena acidulo e dolce, un kombucha ricorda un tè frizzante, il miso è salato-umami. Non ti aspettare che tutto sappia di aceto! Quanto all’alcol, non tutti i fermentati lo contengono: molti sono analcolici (yogurt, miso, crauti) oppure ne hanno tracce irrisorie. Quindi i bambini possono mangiare cibi fermentati (es. yogurt, crauti) tranquillamente; per bevande fermentate tipo kombucha, l’alcol è di solito sotto lo 0,5%, comunque verifica.
- “I cibi fermentati curano ogni malattia” – Eh, magari fosse così semplice. Sono ottimi per la salute, soprattutto preventiva, ma non sono una pozione miracolosa né sostituiscono terapie mediche. Possono aiutare in vari modi (migliorare digestione, supportare immunità, ecc.) ma vanno inseriti in uno stile di vita sano a 360 gradi. Diffida da chi ti promette che basta bere kombucha per guarire da qualunque male.
- “Conservare i fermentati in frigorifero uccide i fermenti” – Falso, il frigo non uccide i fermenti, semplicemente rallenta la loro attività quasi a fermarla. È come mettere in letargo i microbi. Difatti è la tecnica per conservare i cibi fermentati una volta pronti, così rimangono stabili. La maggior parte dei probiotici sopravvive bene a 4 °C (anzi alcune cose come il kefir vanno tenute in frigo per non acidificare troppo). Il calore invece sì che li uccide (oltre ~50 °C molti iniziano a morire).
- “Posso fermentare qualsiasi cosa” – In teoria molti alimenti si possono fermentare, ma non tutti danno risultati gradevoli o sicuri. Quindi segui ricette testate soprattutto per iniziare. Ad esempio, la fermentazione della carne o del pesce richiede tecniche specifiche (es. salumi, fish sauce) e può essere rischiosa se improvvisata. La frutta fermentata pura tende a diventare alcolica o acetica molto velocemente per via degli zuccheri. Quindi, sebbene tu possa sperimentare, fallo con cognizione e documentati su quel tipo di fermentazione.
Insomma, la fermentazione è un mondo affascinante dove cucina, scienza e tradizione si incontrano. Ora sai cos’è la fermentazione (e che cos’è – abbiamo risposto ad entrambe le domande), conosci i diversi tipi (lattica, alcolica, acetica, malolattica, ecc.) e i benefici straordinari che questi cibi vivi possono portare alla tua salute. Hai scoperto alimenti nuovi da provare e magari hai già scelto quale ricetta fermentativa sperimentare per prima.
Non resta che incoraggiarti a mettere le mani in pasta (madre) e iniziare a fermentare!
Ricorda: ogni barattolo è un piccolo ecosistema e tu sei il custode che aiuta i microbi buoni a fare il loro lavoro. Che tu decida di preparare dei crauti croccanti, uno yogurt cremoso o un frizzante kombucha, siamo sicuri che ti divertirai un mondo – e il tuo intestino ti ringrazierà. Buona fermentazione!
Nel prossimo articolo prenderemo in esame i migliori barattoli e contenitori con gorgogliatore per la fermentazione domestica – torna a leggerci!





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